Letterina al governo italiano, again..
Ad inizio estate il Fondo Monetario Internazionale manda una lettera al governo italiano, il motivo è la Flat Tax delle partita iva. Stando agli ultimi numeri sono quasi due milioni, e tra questi ci sono pure io. Lo dico perché sicuramente sarò di parte.
La lettera dell'FMI, tanto per non farsi mai smentire, è un elenco di robe completamente decontestualizzate. In pratica l'accusa sostanziale è che non ci sia una equità fiscale, e da come la descrivono loro chi è in Flat Tax è in pratica un evasore legalizzato che non paga le tasse.
Bisogna quindi partire dal principio per fare una comparazione seria e professionale. Cosa che a quelli dell'FMI è totalmente sconosciuta. D'altronde se era per le loro indicazioni da prendere come oro colato, a quest'ora stavamo messi come un paese africano qualunque.
Dicevo, partiamo dall'inizio. La Flat Tax viene creata dal Governo Renzi, che pone il tetto a 65000 euro e una serie di regole minori. Su questa non esiste l'IVA, una specie di paradosso contando che ci chiamiamo appunto "partite iva". In realtà questa cosa crea confusione. Infatti, togliendo l'impianto delle imposte IVA, che sono transitorie per un'azienda normale, tanto che quando si parla di acquisti avrete sicuramente sentito dire "con o senza IVA". Ovvero per un'azienda "normale" il costo dell'IVA viene passato dal fornitore al cliente, sino al consumatore finale che ne sopporta per intero il carico.
Togliere questo passaggio ha permesso un enorme semplificazione burocratica. Non dovendo gestire le imposte sul valore aggiunto non è nemmeno possibile scaricare alcun costo. Per compensare questa parte, gli studi di settore del Ministero hanno realizzato dei coefficienti di redditività che variano in base al tipo di lavoro svolto. Di fatto sono anch'essi paritetici alla tassa, ovvero piatti (flat). In base al coefficiente una parte sono spese e una parte è reddito. Facciamo un esempio pratico, un valore dell'80% significa che su 100 euro, 80 sono tassati, 20 sono spese. Questi 20 sono indipendenti dal fatto che ci siano spese minori o maggiori, o in quello del tutto improbabile che non ci siano proprio. Questa cosa crea un altro falso mito, che appunto non si paghino le tasse.
Qui cominciano già le narrazioni non dette. Prendendo esempio quanto detto sopra, un forfettario è paritetico ad un consumatore finale. Nel momento che compra un servizio o un bene per il proprio lavoro, sostiene per intero anche l'IVA. Gli studi di settore del Ministero sono parecchio stretti e forse non hanno tenuto conto di questa cosa. Altro che evasori...
Andiamo avanti. Nel momento che emetto una fattura verso un mio cliente, come detto non ci sarà l'IVA in quanto esente, ma la mia fattura è solo in apparenza più leggera, in realtà per l'azienda normale, come spiegato sopra, è irrilevante. Il costo del mio servizio/bene andrà comunque nel conto spese in sottrazione a quello dei ricavi. Quindi non esiste nessuna diseguaglianza competitiva con le aziende tradizionali. Anzi queste ultime potrebbero avere vantaggi innegabili nel momento in cui rivendono qualcosa, anche in parte, che hanno potuto comprare a meno rispetto ai forfettari.
Infine la tassa, al 5% per le startup nei primi 5 anni, che poi diventano 15%. Essendoci un tetto sopra, quello dei 65000 prima, oggi diventati 82000, si parla chiaramente di un mercato limitato. A queste due cifre va aggiunto poi l'INPS. A conti fatti la tassazione reale sull'imponibile è del 50%. Molti credono che paghiamo il 5% su tutto. Non è così e sarebbe pure folle.
La Flat Tax sulle partite iva non è un unicum italiano, esistono per lo meno un'altra trentina di stati che hanno un impianto simile. Il senso di questa cosa era coprire una attività a basso reddito, da qui il tetto massimo, espressamente focalizzata per attività di valore digitale. Già perché nell'elenco dei coefficienti di redditività sostanzialmente tutte le attività commerciali di rivendita di beni sono del tutto sconvenienti. Come detto sopra, il conteggio dei costi è parecchio sottostimato. Un imprenditore digitale riesce a giostrarsi, ad esempio computer e licenze si possono spalmare su tutto il costo annuale sebbene nel mese di acquisto si andrà pesantemente sotto. Nel caso di beni che sono l'oggetto del proprio reddito, la questione è ben diversa, anche stando dentro ipoteticamente, i rischi sono esponenziali.
Non ultimo poi dobbiamo contabilizzare il rischio d'impresa. Un autonomo se sta male non fattura, se va in vacanza non fattura. Non esistono quindi malattie, ferie e permessi pagati. Nemmeno tredicesime o quattordicesime, men che meno TFR. Ma di più, il tipo di esenzione di fatto sborda anche la sfera personale, per cui come forfettari non possiamo accedere a bonus edilizi, alle spese mediche eccetera. Queste cose a quanto pare, il pressapochismo del Fondo Monetario Internazionale pare non interessare. La lettera è più una spallata di tipo politico. Questo governo non è della stessa parte di quello della commissione europea, per cui si usano questi mezzucci.
Visti i due milioni di partite iva, mi aspetto che il governo Meloni faccia spallucce e se ne sbatta di vagheggiamenti sparati da qualche grasso burocrate lussemburghese. Già perché i forfettari pagano le tasse per intero, visto che di fatto non potrebbero evadere. E se non c'è il "nero" gli amici del lussemburgo si preoccupano.

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Da lavoratore dipendente, e quindi non in regime di flat tax, ti dico che il problema non è la flat tax ma l'evasione e i controlli, ma capisco che è un argomento delicato e controverso che potrebbe alzare il classico dibattito polverone.