The Quantum State of Sadness [ITA/ENG] - May 2, 2025

Photo Credit ClaudiaWollesen – no copyright
https://pixabay.com/it/photos/maine-coon-cat-occhi-di-gatto-694730/

🔴ENG Version - ITA Below

A question has been haunting me for a few days now: in this world where happiness at any cost seems like a categorical imperative, is sadness a mistake?
What if sadness were not a mistake but just one of the possible forms of being, one of the infinite possibilities that simultaneously coexist but cannot be individually measured and crystallized?

Do you know Schroedinger's paradox? There is a cat locked in a box: can you tell just by looking at the closed box whether the cat is alive or dead? You can't say until you open the box and look inside and I, like Schroedinger's cat, remain locked in the box of my inner world.
As long as I remain locked in that box, I am neither happy nor sad, neither light nor dark, neither matter nor wave, neither alive nor dead. Only if I decide to look inside I can put the emotion into something true, something real. And then I don't feel sad because I'm not happy but I feel it because, in that precise moment, it is the form that my existence has chosen to manifest. It is only my observed particle.

Heisenberg's uncertainty principle teaches us that we cannot know exactly and simultaneously both the position and the speed of a particle.
The more we try to measure one of the two variables, the more the other eludes us. Perhaps it is the same with us: the more we try to measure happiness, the more we lose the deep movement of our soul, the more we chase emotional stability, the more the very meaning of life eludes us.
And perhaps sadness is precisely this: a truth that cannot be defined. We can only dive ourselves in it, inhabit it like a home. Sadness is a pause between two thoughts, a sacred place where our ego only asks questions instead of giving itself answers.

So let's embrace sadness, let's admit that we are complex systems and that pain should not be resolved or deleted, but observed. That existing is like balancing on the edge of paradox, a cat locked in a box, and that sometimes, only in uncertainty, freedom hides.

Today I don't want to know what I feel.
I just want to know that I'm feeling.
And that's enough.

Post Scriptum:
I know I don't write or participate much on Hive and when I do, like today, my posts reflect a very personal journey. The loss of my brother has created a deep void in my life that is impossible to fill quickly. Writing when I am overwhelmed by emotion is a bit of my way of finding myself again. Writing allows me to give shape to what I often struggle to express and describe to those around me. My brother was a journalist and writing helps me feel closer to him.
A heartfelt thank you to those who read 💜

🔴ITA Version

Foto senza copyright - Crediti a ClaudiaWollesen
https://pixabay.com/it/photos/maine-coon-cat-occhi-di-gatto-694730/

Sono un po’ di giorni che una domanda mi perseguita: in questo mondo in cui la felicità ad ogni costo sembra un imperativo categorico, la tristezza è un errore?
E se invece la tristezza non fosse un errore ma solo una delle forme possibili dell’essere, una delle infinite possibilità che simultaneamente coesistono ma che non possono essere singolarmente misurate e cristallizate?

Lo conoscete il paradosso di Schroedinger? Ecco, c’è un gatto chiuso in una scatola. Sapreste dire solo osservando la scatola chiusa se il gatto è vivo oppure è morto? Non puoi saperlo finché non apri la scatola e ci guardi dentro e io, come il gatto di Schroedinger, resto chiusa nella scatola del mio mondo interiore.
Finché resto chiusa in quella scatola, io non sono né felice né triste, né luce né buio, né materia né onda, né viva né morta. Solo se decido di guardarci dentro posso trasformare l’emozione in qualcosa di vero, di reale. E allora io non sento tristezza perché non sono felice ma la sento perché, in quel preciso momento, è la forma che la mia esistenza ha scelto di manifestare. È solo la mia particella osservata.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg ci insegna che non possiamo conoscere con esattezza e contemporaneamente sia la posizione che la velocità di una particella.
Più cerchiamo di afferrare una delle due variabili più l’altra ci sfugge. Forse così è anche con noi: più cerchiamo di misurare la felicità, più perdiamo il moto profondo della nostra anima, più inseguiamo la stabilità emotiva, più ci sfugge il senso stesso del vivere.
E forse la tristezza è proprio questo: una verità che non si lascia definire. Possiamo solo immergerci dentro essa, abitarla come una casa. La tristezza è una pausa tra due pensieri, uno luogo sacro dove il nostro io si fa solo domande invece che darsi risposte.

E allora accogliamola la tristezza, ammettiamo di essere sistemi complessi e che il dolore non va risolto, ma osservato. Che esistere è stare in equilibrio sull’orlo del paradosso, un gatto chiuso in una scatola, e che a volte, solo nell’incertezza, si nasconde la libertà.

Oggi non voglio sapere cosa sento.
Voglio solo sapere che sto sentendo.
Ed è abbastanza.

Post Scriptum
So che non scrivo o partecipo molto su Hive e quando lo faccio, come oggi, i miei post riflettono un viaggio molto personale. La perdita di mio fratello ha creato un vuoto profondo nella mia vita ad oggi impossibile da colmare. Scrivere quando l’emozione mi sovrasta è un po’ il mio modo di ritrovare me stessa. La scrittura mi permette di dare forma a ciò che spesso faccio fatica ad esprimere e descrivere a chi mi è accanto. Mio fratello era un giornalista e scrivere mi aiuta a sentirmi più vicina a lui.
Grazie di cuore a chi legge 💜