Libertà è...: partecipazione al 29° contest di UNTO&BISUNTO
Photo copyright free, credit to Laurentiu Robu
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❤️ENG VERSION - ITA BELOW❤️
Free to be enough
I spent about half of my life trying to be the best, or maybe I should say trying to appear to be the best, and in all that striving and searching, I forgot the most important thing: becoming the best version of myself.
I vaguely remember the days when waking up already meant starting some kind of invisible race with everyone, who arrives first, who does more, who does it better. And when I say everyone I mean everyone, family, school, work, play, and unfortunately, most of all, with myself.
To anyone who asked, I always said yes, no problem, I’ll do it, I’ll helpm, I’ll take care of it.
I don’t know what childhood trauma turned me into an adult armed with perfectionism, performance anxiety, and a hint of paranoia, but I must have fallen into it headfirst, and for 40 years I tried to keep up.
There was no room for hesitation or weakness, oh no, that stuff was for the mediocre. Heaven forbid anyone discovered that under that armor and that overwhelming November-Scorpio personality, there was a tired, very unsure, and perfectly imperfect person.
But at some point, I started asking myself a very simple, and at the same time ruthless, question: better than who? For whom? And why, even?
Because in the end, this race didn’t seem to have any real winners or losers. In fact, there was a version of me I no longer recognized, someone who no longer had time to stop and look within. Was I actually winning anything? Was there going to be a prize?
That’s when I started to let go. Not all at once, it was a long and painful journey. One day, I left a meeting because it was late and I wanted to go home to my kids, one evening I left the dishes in the sink and did them the next day, and little by little, I learned to say no.
One day, I even quit my job, an oppressive, soul-crushing job whose salary could never repay what I was losing, my true self and my true life.
That immense effort, that constant pressure to prove myself, to be flawless, to win some invisible gold medal, it’s a trap. A golden cage that limits the freedom to simply be human, with all the flaws, doubts, and bad days.
True freedom, for me, is being able to allow myself to be just enough, not the best, not perfect, not unbeatable.
Just enough.
Don’t get me wrong, I’m not saying we shouldn’t improve or grow. What I’ve learned is that growth shouldn’t be a prison made of duties and crushing expectations, but a light choice that comes from respecting our most authentic self.
I still meet so many people who carry this weight silently, behind bright smiles, rushed and polished greetings like “how are you - I’m fine”, careers and families. Especially women fall into this trap. But if there’s one thing I’ve understood, it’s that life isn’t a race against others, it’s a match with ourselves.
And as Italo Calvino wrote Perfection is achieved not when there is nothing more to add, but when there is nothing left to take away.
So let’s drop the masks and raise a glass, let’s toast to the freedom of being, of being imperfect, vulnerable, human, free by birthright.
Because deep down, the victory we’re toasting to is simply feeling like we are enough.
Thank you for reading
Much love❤️❤️❤️
My mothertongue is Italian, language in which the post is written. English translation is generated and reviewed through the usage of AI tool
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❤️ITA VERSION❤️
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Liberi di essere abbastanza
Ho passato circa metà della mia vita a cercare di essere la migliore, o forse dovrei dire a cercare di sembrare la migliore, e cercando e ricercando ho dimenticato la cosa più importante: diventare la versione migliore di me stessa.
Mi ricordo, ormai in modo vago, i giorni in cui svegliarmi significava già mettere in piedi una specie di gara invisibile con tutti: chi arriva prima o chi fa di più o chi fa meglio. E quando dico tutti, dico proprio tutti: in famiglia, a scuola, al lavoro, nel gioco e, purtroppo, soprattutto con me stessa. E a tutti coloro che chiedevano rispondevo sempre sì, non c’è problema, lo faccio io, ti aiuto io, me ne prendo carico io.
Non so quale trauma infantile mi abbia fatta diventare un adulto armato di perfezionismo, ansia da prestazione e un pizzico di paranoia, ma io ci devo essere caduta con tutte le scarpe e per 40 anni ho cercato di stargli dietro. Non si poteva lasciare spazio a esitazioni o debolezze, eh no, quelle erano robetta da mezzecalzette. Non sia mai che qualcuno avesse potuto scoprisse che sotto quella corazza e quell’ingombrante personalità da scorpione novembrino, c’era una persona stanca, molto incerta e perfettamente imperfetta.
Però, a un certo punto, ho cominciato a farmi una domanda, molto semplice e al contempo spietata: ma migliore di chi, ma poi per chi e anche perché.
Perché in fondo in questa gara mi sembrava che in realtà non ci fossero né vinti né vincitori, anzi c’era una me che non riconoscevo più, che non aveva più tempo per fermarsi e guardarsi dentro. Stavo davvero vincendo qualcosa? Mi avrebbero dato un premio?
E stato lì che ho iniziato a mollare. Non tutto in un colpo solo, è stato un percorso lungo e doloroso. Un giorno ho lasciato una riunione perché era tardi e volevo tornare a casa dai bambini, una sera ho lasciato i piatti nell’acquaio e li ho fatti il giorno dopo, e un giorno dopo l’altro ho imparato a dire di no.
Un giorno poi ho lasciato anche il lavoro, un lavoro opprimente e devastante il cui stipendio non avrebbe mai ripagato ciò che io stavo perdendo, la vera me.
Quella fatica immensa, quella pressione costante di dover dimostrare, essere impeccabile, vincere la medaglia d’oro invisibile è una trappola, una gabbia dorata che limita la libertà di essere semplicemente umani, con tutti i difetti, tutti i dubbi e tutte le giornate no.
La libertà vera, per me, è potermi permettere di essere solamente abbastanza, non migliore, non perfetta, non imbattibile.
Semplicemente abbastanza.
Non fraintendetemi, non sto dicendo che non bisogna migliorarsi o crescere. Quello che ho imparato è che la crescita non deve essere una prigione fatta di doveri e aspettative schiaccianti ma una scelta leggera, che nasce dal rispetto del sé più autentico.
Continuo a conoscere molte persone che portano questo peso, silenziosamente, dietro a sorrisi smaglianti, ad affrettati e affettati saluti fra come stai, sto bene, carriere e famiglia, soprattutto le donne cadono in questa trappola ma se c’è una cosa che ho capito è che la vita non è una gara contro gli altri ma una partita con se stessi.
E come scriveva Italo Calvino: La perfezione si raggiunge non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere.
E allora giù le maschere e brindiamo, brindiamo alla libertà di essere, brindiamo a noi essere imperfetti, vulnerabili, umani, liberi per diritto di nascita.
Perché in fondo in fondo la vittoria alla quale brindiamo è sentirsi abbastanza.
Grazie di aver letto ❤️❤️❤️
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🎉 Ciao @sissim72! Ho appena fatto il reblog della tua entry per il contest #untobisunto — complimenti per il tuo contributo!
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immagine di proprietà della community Olio di Balena
Che belle parole... "perfettamente imperfetta", wow.
E la frase di Calvino poi....
Ci vogliono accumulatori seriali di performance, invece che ballerini sopra le nostre fortune ed errori.
Forse ci prendiamo troppo sul serio, e quindi non ha senso fare a gara con altri diversi da noi, perchè crea solo frustrazione confrontarsi su comuni presunte competenze, svilendo l'eccezionalità di sette miliardi di abilità diverse.
Un pizzico di superbia lasciamelo! 🤣 Al funerale di mio fratello sono stati scritti e letti molti discorsi. E uno cominciava proprio con Calvino: Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore. (c'è un dibattito se questa citazione sia di Calvino o meno ma non importa). Lo sto rileggendo. Mi aiuta moltissimo. Ti abbraccio.
!LUV
!LUV
!LUV 💖👏
Questo post è verita assoluta e un grande insegnamento per noi tutti. Ti capisco, mi ci ritrovo in tutto, ti abbraccio e ti ringrazio per l'apporto prezioso che stai dando con i tuoi pensieri a questa community.
Mi hai fatto fermare e riflettere, perché da musicista totalmente indipendente e DIY "l'ansia da prestazione e perfezionismo" è sempre dietro l'angolo e alimenta continuamente la gara per essere migliori di tutti altrimenti scompari. E invece leggere le tue righe mi rimette in riga
Ero a casa dei miei. Cercavo le foto del viaggio in Namibia. Il viaggio di nothing else matters. Invece rovistando nei cassetti ho trovato vecchie locandine di quando frequentavo La compagnia delle maschere. Eh sì, ai tempi dell'università sognavo il teatro. È lì che ho cominciato a rovistare non solo nella polvere ma anche nella mente. E nel secchio dei sogni perduti. Sul palco non sono mai stata. Avevo paura. Paura di non essere abbastanza brava. Mi occupavo delle luci e di aiuto-regia. Mettevamo in scena Rosso di San Secondo, Marionette che passione, e fu lì che al brindisi, inserimmo il pezzo de *Libiamo ne' lieti calici' di Verdi. Brinda Harbiter, a ogni successo e ad ogni insuccesso. Non lasciarti etichettare. In fondo, non possiamo piacere a tutti, ma chi se ne frega!
@tipu curate 2
Upvoted 👌 (Mana: 0/58) Liquid rewards.
Il perfezionismo: morbo che mi affligge dacchè ho memoria, ma temo proprio si configuri nel malanno da generazione X e millennials. Causa l'essere a contatto con i boomers dal vivere non dico tra rose e fiori (che in questo mondaccio decaduto non esiste), ma in stile principessa sul pisello del boomer medio che ha preceduto i nati negli anni settanta, ottanta e novanta (principessa sul pisello non vuole essere un'offesa, ma solo indicare che il boomer medio nato negli anni cinquanta e sessanta ha avuto pressochè la vita intera masticata, sempre e quando non fosse il figlio di Marcovaldo e Domitilla🤣). Vedo che appunto, ci piacciono gli stessi autori e ora pure Calvino😂! Il suo Marcovaldo, una delle mie letture preferite, mi è stato di ispirazione per ESPERIMENTO, per le CRONACHE CIVITESI, pubblicate e in via di pubblicazione qui e pure per il mio e-book n. 8 (che si trova nel caro parente, un multigenere tra i quali proprio il neorealismo e la distopia, diviso in svariate sezioni, anch'esso in divenire). Poichè ai primi boomers (la vecchia guardia) è stato fatto credere che tutto quello che hanno ottenuto (impiego a tempo indeterminato dallo stipendio in linea con il costo della vita, tanto che un operaio con famiglia di 4 persone monostipendiata faceva vita di classe media, cosa che un operaio del terzo millennio non si sogna, pensionamento sicuro, lauree che rappresentavano radicale cambio di status ovviamente verso l'alto e trampolino di lancio per lauti stipendi) fosse per loro merito anzichè per lacrime e sangue delle due generazioni silenziose che si erano pure dovuti sorbire due guerre mondiali, la vecchia guardia tira fuori (o tirava fuori) troppo facilmente il termine bamboccioni. Ragione per cui generazione X e millennials ci sentiamo in dovere di dimostrare, dimostrare, dimostrare sempre e comunque.
!BEER
Sono andata a fare qualche ricerca. I miei genitori non sono tecnicamente Baby Boomers, appartengono invece alla generazione silenziosa. Io invece appartengo alla Gen X. Almeno a quanto riporta Google. Penso che come figlia femmina, seconda di un rampollo maschio, io abbia vissuto fra la spinta progressista dei miei genitori di volermi laureata, libera, ma contemporaneamente di vedermi comunque angelo del focolare perché portatrice sana do doppio cromosoma X. Una specie di Dea Kali onnipotente e onnipresente. Io ci ho provato.
Fino a quando non ho avuto un burn-out.
!LOLZ
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It was clear from the gecko.
Credit: reddit
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Guarda, ultimi di generazione silenziosa pure nel caso dei miei genitori (con la differenza che sono sempre stata figlia unica), ma tra la seconda generazione silenziosa (praticamente quella nata a cavallo tra le due guerre) e i primi boomer non c'è un gran che di differenza di mentalità. A loro comunque della questione angelo del focolare è sempre infischiato poco (il motto di mia madre era il seguente: meglio una felice zitella che una sposa sventurata🤣), ma personalmente me ne sarebbe infischiato poco e nulla in ogni caso, avendo perennemente frequentato scuole progressiste dove ci veniva inculcata la fondamentale importanza dell'indipendenza economica e realizzazione femminile (per la verità, l'indipendenza economica è fondamentale per chiunque, donna o uomo che sia, altrimenti grivie e paturnie dietro l'angolo non sono use guardare in faccia nessuno), quindi doveva venire prima la carriera e poi, se ci stava, se rimaneva tempo, se...se...se...la coppia e la famiglia. Il che comunque non mi risparmiò la mania del perfezionismo...😁
!LOLZ di rimando😆
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I will find you. You have my word.
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I know exactly what you mean! I spent so many years of my life seeking higher education and beating the academic achievements of others to be "better". Then in my professional work life it was the same, eventually you begin to realize that there is so much more to life than appearing to be the best. None of us are perfect, I know I'm far from it. But now I'm content to enjoy the now, I don't need to be perfect nor do I want to be. Now I'm just me, and I'm much happier!
Good for you when you quit that job that was nothing but a "rat race". I'm glad that you have found a balance to not always be perfect, and be yourself. It's too bad it takes us so many years to realize that perfection isn't all that important!
I didn't know the expression rat race, I love it! From now on I will use it often. In Italian we say vivere nel qui e ora that means live here and now. It took me years to detox from the toxic culture of the race to the podium typical of Western culture. When I left my job, a really clear choice, I spent two years figuring out who I was. I had identified so much with what I did that in my head I was Sissi who worked as bla bla bla in the company xxx. And I didn't know what to answer to the question: who are you. I didn't know who I was. Now, if you ask me, I'm Sissi and I also have a job that doesn't own me, and we can get to know each other better, if you like 😊
Tanti impegni nell'ultimo periodo e mi stavo perdendo questo tuo bellissimo post.
Non sei mai banale quando scrivi e trasmetti emotività vera che quasi si tocca...
Mi dispiace che sono arrivato 2 giorni dopo su questo post perchè non so se i comandi seguenti partiranno ma tentar non nuoce
!discovery 30
@tipu curate 2
Sorry, please curate posts not older than 1 day.
Non so quale comando sia partito, ma qualcosa è partito sicuramente. Riaprendo l'app stasera ho trovato 92 notifiche. Nessuno meglio di me comprende che non si può stare attaccati allo schermo, e chi non lo comprende significa che ha fatto di quello schermo una ragione di vita. Ti ringrazio per le tue parole e per questo dono inatteso. E vederti sui miei post è sempre una piccola gioia, comandi o non comandi.
Un abbraccione
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High prices.
Credit: reddit
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Interessante prospettiva sulla libertà.
Penso che il confine tra la soddisfazione personale che ci dà la crescita che tu chiami leggera e la prigionia dei doveri e aspettative è molto diffuso.
Non sempre riusciamo a distinguere quante di queste aspettative nascano realmente da dentro di noi o quante ce le ha messe dentro la società.
Baci, !BEER & abbracci 😘🍻🤗
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Bellissimo questo concetto di essere “semplicemente abbastanza”. Devo ammettere che senza aver mai pensato così profondamente come hai fatto tu, già in passato il mio obiettivo non è mai stato quello di essere il migliore, ma di conoscere e saper fare diverse cose, senza pretendere di eccellere. Togliendo la pretesa di essere il migliore, ho potuto proprio sperimentare e vedere tanti aspetti della vita. Ho potuto assaporare anche tanti confronti con tante persone. Il mio obiettivo era il confronto, non avere ragione o essere meglio. !WEIRD