RE: La lezione più importante che ho imparato sbagliando - Unto&Bisunto Contest - (ITA/ENG) - The Most Important Lesson I Learned by Making Mistakes - Unto&Bisunto Contest

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Diciamo che non lo considererei un vero e proprio errore da parte tua. Dopotutto, specie considerati gli odierni chiari di luna, licenziarsi (oppure ottenere di farsi licenziare) dal posto di lavoro non è mai una decisione a cuor leggero. Non quando si ha prole, comunque (un single, dati gli estremi rimedi ai mali estremi, potrebbe pure arrivare a preferire una vita da senzatetto a un ambiente lavorativo oltremodo tossico e chi è in coppia senza figli, dipende, vale a dire dipende se il coniuge o compagno un lavoro ce l'ha e se non ce l'ha, se ha un carattere menefreghistico o meno, scusa il nuovo conio). In ogni caso, in queste circostanze, non mi arrischierei a consigliare di tenersi il posto di lavoro in condizioni aberranti, anche se potrebbe mancarmi il coraggio di proporre di abbandonarlo (nessuna delle due situazioni è migliore dell'altra, non quando poi la NASPI non si fa possibile, ma se il rischio di tenersi il lavoro significa ammalarsi di depressione, farei pendere l'ago della bilancia per il licenziamento, considerato che la depressione è una malattia vera che esige cure psichiatriche e dunque meglio non rischiarla). Diciamo che nella sfortuna, mi azzarderei a dire che sei stato fortunato, immaginando uno scenario in cui sono coinvolti tuoi compagni di viaggio che al posto tuo non riescono a far valere nulla in tribunale (perchè magari l'azienda per cui lavorano è più astuta e riesce a insabbiare al 100% oppure peggio, ha intrallazzi con chi fa i controlli o li fa tacere a botta di bustarelle oppure ha intrallazzi con la guardia di finanza, che qui scrivo in minuscolo di proposito, come era capitato a un mio amico panettiere) e non c'è verso neppure di far partire il licenziamento dall'azienda e quindi non potranno accedere alla NASPI. O peggio, sono pure lavoratori in nero e qui allora si sa che è tutto un tema. Insomma, c'est la vie, purtroppo...
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Ovviamente comprendo il tuo punto di vista, e sono conscio, visto che anche nel mio post lo preciso, che la mia situazione non è certo l'unica simile nel mondo del lavoro, e che anzi temo saranno parecchi quelli che si troveranno a vivere un qualcosa del genere, anche perché, purtroppo, la realtà italiana, ma non credo che funzioni così solo nel nostro paese, è purtroppo questa, salvo piccole oasi più fortunate, in aziende un po' più illuminate, dove fortunatamente ci si può trovare decisamente meglio.

È altresì vero, però, che siamo solamente noi, alla fine, i responsabili delle situazioni che viviamo, e seppure concordo con te che non sia facile prendere determinate scelte, e fare, a volte, dei veri e propri salti nel buio, è altresì vero che non possiamo neanche farci mettere i piedi in testa da chi ci ha offerto un lavoro, e accettare determinate condizioni, solo ed esclusivamente per evitare una situazione di incertezza, per quanto preoccupante.

Anche perché abbassare la testa, e accettare determinati trattamenti, a dir poco poco piacevoli, dà il via ad un escalation sempre maggiore degli stessi, visto che chi li mette in atto sa di trovare di fronte a sé una persona, dal suo punto di vista, debole, e che, di conseguenza, pensa di poter trattare come vuole visto che tanto non si reagisce mai.

Ed è quello, in realtà, l'errore al quale mi sto riferendo, ovvero ad aver consentito determinati comportamenti, senza mai reagire, e tenere testa all'ignorante di cui ben sai, consentendogli, via, via, nel tempo, di approfittare sempre di più della situazione per anni, alla fine.

Sono più che convinto, col senno di poi, che le cose sarebbero potute andare in maniera molto diversa se, fin dai primi tempi, avessi reagito, segnando chiaramente un confine oltre al quale non avergli consentito di andare, dimostrando di non essere una persona della quale ci si può approfittare in maniera totale, come poi ho finito per lasciarli intendere con i miei silenzi, accettando dei compromessi che, se tornassi indietro, non accetterei più, e non ho intenzione di accettare più anche in altri futuri posti di lavoro.

Certo non so se questo mio comportamento avrebbe portato ad un mio prematuro licenziamento, ma, sempre parlando col senno di poi, e quindi è molto facile lanciare ipotesi che magari potrebbero essere ben distanti dalla realtà che sarebbe stata, se mi avesse licenziato prima, almeno avrei avuto un'età migliore per rimettermi sul mercato del lavoro, e comunque non sarei mai arrivato a soffrire di depressione.

Come già sottolineato in precedenza, però, è molto facile, ora, tirare in ballo delle ipotesi, ma la realtà dei fatti è quella che ben sai, come ho esposto nel mio post, ma che in realtà già conoscevi in precedenza perché avevamo già affrontato l'argomento.

Mi auguro soltanto che, se verrà letto da qualcuno che si ritrova a vivere una situazione simile alla mia, il mio articolo possa essere uno sprone, non tanto per prendere decisioni drastiche come quella che ho preso io, che avevo anche ottime carte in mano da mettere sul piatto, in quell'occasione, ma almeno di riflettere attentamente, mettere tutto su un pianto della bilancia, ed essere consapevoli di quello che si sta affrontando, e di cosa sia meglio fare.

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Me ne rendo conto. Lo so lo so, più rospi s'ingoiano, peggiori si fanno le circostanze, dato che i padroni dal coltello dalla parte del manico si sentiranno sempre più in una botte di ferro e sempre più in diritto di perpetrare angherie con la certezza dell'impunità. Purtroppo però siamo sempre alle solite: un dipendente privo di qualsiasi stampella sulla quale appoggiarsi, solitamente non si licenzierà (a meno di non essere single o alla meno peggio, in coppia senza figli perchè tanto riterrà di non avere nulla da perdere), ma proprio perchè da questo punto di vista la cultura italiana è davvero infame. Sarà pur vero che l'Italia non è l'unico paese in cui i padroni fanno i gradassi (nel sul del mondo, specie Africa e Asia nelle zone più disagiate, India in primis, pare ancor più ordinaria amministrazione), ma è uno dei paesi che va a braccetto con l'India quanto a passiva accettazione dello stato degli atti. Figurati che le generazioni silenziose, cresciute in un infame scenario con l'aggravante dell'assenza dei diritti sindacali (fino agli anni cinquanta infatti non esistevano neppure i sindacati e i diritti giuslavoristi pura fantascienza), ci insegnavano quel che avevano appreso sin da piccoli, vale a dire comunque e sempre sottomettersi ai padroni e a qualsiasi loro capriccio. L'unica eccezione ammessa, quella di non sottomettersi mai a eventuali ricatti sessuali e qui la società avallava il licenziamento. In tutte le altre ipotesi, se perdevi il posto di lavoro a causa del bossing, la tua cerchia familiare e sociale dava la colpa a te e quindi potevi pure liberarti di un ambiente di lavoro tossico, ma pagavi pur sempre un alto costo sociale perchè i tuoi stessi genitori ti tacciavano di debole, di mollacchione e infine di parassita perchè fallivi al supremo obbligo di portare uno stipendio a casa. Figurati che pure mia madre appoggiava questa posizione e mi ha allevato con questa filosofia, ci crederesti? E mia zia non è (o meglio, non era) granchè diversa. Ovviamente entrambe appartenenti alla seconda generazione silenziosa. Mia madre, prima di riuscire a diplomarsi, aveva lavorato in svariate fabbriche, sopportando e vedendo angherie pure peggiori di quelle che hai raccontato tu di quella infame azienda dove hai lavorato (una sua compagna di lavoro era perfino rimasta mutilata di un dito di una mano a causa di una macchina pericolosa in cui l'avevano messa a lavorare e siccome erano ragazze minorenni che lavoravano nella clandestinità perchè c'era la fame nel dopoguerra e gli stipendi dei genitori non bastavano mai in casa, i proprietari delle industrie se ne approfittavano alla stragrande e se non ricordo male, la compagna di mia madre non ebbe diritto ad alcun risarcimento proprio a causa della clandestinità😡). Qui ovviamente do la colpa ai comunistacci di allora che infarcivano il sistema di leggi ideologiche con il risultato di peggiorare le circostanze che avrebbaero dovuto invece aggiustare. Perchè diamine infatti minacciare con multe salatissime (ma se c'era già fin troppa miseria cagionata da due guerre mondiali, da dove diavolo le famiglie avrebbero tirato fuori i soldi per multe e verbali?) per aver mandato a lavorare in fabbrica figli al di sotto dell'età legale se prima tu, che stai sulle porche poltrone di velluto al governo non gli dai le minime condizione per poterli mantenere? O non fai partire campagne di sensibilizzazione per insegnare ai tuoi cittadini a non conigliare peggio che negli allevamenti? Ricordando che parecchi cittadini si trovavano in tali deplorevoli condizioni a causa della tassa del celibato sotto Mussolini (chi seriamente rimpiange il regime di Mussolini farebbe meglio a ricordare questa macchia nera). Chi avrebbe dunque preferito rimanere single perchè neppure in condizioni di provvedere al proprio mantenimento, invece si sposava proprio per evitare l'infame tassa sul celibato. Ma poi conigliava e vabbè, dacchè non aveva di che mangiare per sè, non ne avrebbe certo avuto per una decina di prole, che finiva per lavorare al posto di andare a scuola. Carne fresca facilmente a portata di mano per i padroni. Dunque, in tale allegro quadretto, mia madre, mia zia e in generale le generazioni silenziose, avevano imparato che lavorare negli ambienti tossici è la normale condizione lavorativa: i padroni sono fatti così perchè appunto sono padroni e bisogna sottomettersi o non si lavora e chi non lavora è un mollacchione che non merita neppure di mangiare. Da filosofie di tal risma deduco quindi automaticamente che l'italiano medio in sè e per sè (sia pure senza fare di tutta l'erba un fascio) ha il DNA bacato, figurando tra le culture peggiori del pianeta senza se e senza ma che fanno meritare all'Italia l'appellativo giustamente coniato di paese delle banane. Se a tanto poi ci aggiungiamo ambienti lavorativi pure peggiori del tuo, dove non solo i padroni, ma pure i colleghi di lavoro sono pronti a pugnalare il compagno e disposti magari pure a dichiarare il falso in tribunale, capirai che pretendere il licenziamento significa non avere diritto al becco di un centesimo, oltre alla già grave circostanza della terra bruciata intorno. E pure con la riprovazione sociale delle generazioni silenziose troppo abituate a ubbidire e tacere in qualsiasi circostanza (forse non è affatto un caso che si chiamino appunto generazioni silenziose). Ovviamente, sia pure a fronte del fatto di non sentirmela di condannare chi tira avanti a testa bassa, ritengo sacrosanto dovere il lottare fino all'ultimo respiro contro tali aberrazioni consolidate. Perchè se non si lotta, niente da fare, non si ottiene un fico secco. Scusa lo sfogo. Fine della filippica.
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