Quanto è fragile il web !

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Sembrano passati ormai ere geologiche da quando ci si connetteva ad internet con i vecchi modem 56k, quelli che facevano quello strano rumore gracchiante iniziale perchè si stavano connettendo con il provider, e questo significava che essere collegati sul web occupava la linea telefonica di casa, e quindi il telefono risultava occupato se qualcuno tentava di chiamare: internet veniva vista una cosa ancora da Nerds, da pochi smanettoni , prima esploratori di una rete digitale fatta di siti in HTML e foto che caricavano a scaglioni, e guardare in streaming un video a 360p di pochi secondi veniva considerato quasi un miracolo!

E bisognava anche stare attenti a quanti minuti si stava connessi, perchè infatti la connessione veniva pagata a tempo, e il concetto di una tariffa Flat e di potersi connettersi senza limiti era un concetto rivoluzionario, anche prendendo in considerazioni la rete infrastrutturale del nostro paese, che non ha mai brillato in questo campo.

Oggi, invece, essere connessi 24 ora a giorno è la normalità, i nostri devices, a partire degli smartphone sono connessi alla rete in continuazione e, anzi, la maggioranza delle App non funziona neanche senza una connessione di rete attiva e funzionante.

Il problema, però, e che quelle che doveva essere una rete "decentralizzata" e sistemica a livello globale, ha creato dei colli di bottiglia di potere e dipendenza tecnologia, che fa in modo che basta che uno dei grandi colossi abbia un "down", una fase di difficoltà tecniche, e tutto il castello di carte crolla.....

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Questo è un meme che sta girando molto sui vari social , in questi giorni, e simboleggia un po' quella che è la situazione di internet attuale: certo, un bellissimo e intricato castello di servizi, app, siti, database, e, ultima arrivata, la AI, però questo castello è sorretto da piccolissimi e fragili mattoncini, come come Amazon Web Services (AWS) e Cloudflare..... e quando questi mattoncini non reggono più il peso colossale a cui sono sottoposti, sono dolori per tutti quanti, anche per i giganti del web che sembrano invicibili.

La scorsa settimana una parte significativa di Internet ha smesso improvvisamente di funzionare: per quasi tre ore piattaforme enormi come YouTube, X e numerosi altri servizi sono diventati irraggiungibili. Molti hanno pensato a problemi della propria connessione domestica o a un attacco informatico su larga scala, ma la causa reale era ben più semplice e, in un certo senso, sorprendente: un errore interno di Cloudflare, l’azienda che gestisce una quota enorme del traffico mondiale e che si trova spesso tra il visitatore e i siti che consulta.

Cloudflare, infatti, non è un semplice fornitore di hosting, ma una sorta di “acceleratore” di siti web che offre servizi di sicurezza, mitigazione degli attacchi DDoS, miglioramento delle prestazioni e perfino mascheramento dell’infrastruttura reale dei siti. Secondo le stime, gestisce il traffico di circa un sito su cinque a livello globale. Proprio per questo l’incidente del 18 novembre 2025 ha avuto un impatto così vasto: quando Cloudflare si inceppa, ne risente una parte enorme della rete.

Contrariamente a quanto si sarebbe potuto immaginare, il blackout non è stato causato da un sofisticato cyber-attacco. La stessa Cloudflare, con grande trasparenza, ha pubblicato un’analisi dettagliata dell’accaduto. L’origine del disastro è da cercare in una modifica apparentemente banale a un database interno. Questo cambiamento ha generato un file di configurazione dedicato al blocco dei bot malevoli, un file però insolitamente grande, il doppio rispetto al normale.

Gran parte del traffico mondiale , infatti, passa per pochi attori: Cloudflare per la distribuzione e la sicurezza, Amazon AWS, Microsoft Azure e Google Cloud per la potenza di calcolo. Quando uno di questi pilastri crolla, anche solo per un problema minimo, l’effetto domino colpisce milioni di servizi. È il concetto del “single point of failure”: un punto unico da cui dipende un’intera struttura.

Ma se vogliamo un internet più robusto e meno dipendente da pochi giganti, sarà necessario investire in modelli più distribuiti, anche se meno comodi ed efficienti: la vera sfida non è tecnica ma politica e strategica, e riguarda il futuro stesso della rete!

Grazie dell'attenzione e alla prossima.

Immagine di copertina realizzata con ChatGPT



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